Titanic è uno dei film più famosi di sempre e Jack Dawson è con tutta probabilità il suo personaggio più iconico. Eppure non è il protagonista della storia. In effetti non è nemmeno coprotagonista, come si potrebbe pensare visto che la storia, alla fine dei conti, è una storia d’amore con il piccolo dettaglio di essere ambientata su un transatlantico destinato ad affondare.
Ci sono diversi motivi per cui Jack non è, e non può essere, il protagonista di Titanic, ma prima di parlarne è interessante cercare di capire perché la percezione è che, invece, il protagonista sia proprio lui, al di là dei motivi slegati dalla storia in sé, come la bravura e la celebrità di Leonardo DiCaprio. È innegabile che Jack rimane memorabile agli occhi di chi guarda Titanic. La scena in cui il suo fascino raggiunge l’apice è quella della cena nella sala pranzo della prima classe. È una situazione a cui non è per niente abituato e rischia più volte di essere messo in trappola. Eppure rimane sempre fedele a sé stesso e così finisce per impressionare la maggior parte dei presenti al tavolo, Rose e soprattutto noi, che lo guardiamo attraverso lo schermo.
Oltre a essere un personaggio con cui è facile empatizzare e che non può che starci simpatico, Jack è anche la scheggia impazzita che cambia tutto nella storia. Senza di lui, non ci sarebbe altro che il racconto di uno dei più scioccanti naufragi della storia e quello di una giovane donna intrappolata in una vita che sopporta sempre di meno. Invece, grazie a Jack, questa donna scopre un mondo diverso da quello in cui ha sempre vissuto, un mondo dove anche senza denaro e senza un buon nome si può viaggiare ed essere felici. Jack, insomma, è colui che cambia tutto nella vita di Rose. E proprio per questo il protagonista non è lui, ma Rose stessa.
Prima di proseguire ci tengo a chiarire una cosa: il ruolo di protagonista non dipende da quanto un personaggio è amato dal pubblico e non dipende nemmeno da quanto spazio gli viene dato sullo schermo. Il protagonista è il personaggio che affronta i due grandi problemi della storia: non solo quello “superficiale”, che in questo caso potrebbe essere la sopravvivenza al naufragio sia per Jack che per Rose, ma anche quello più profondo, quello che si gioca nella psiche del protagonista.
“It was the ship of dreams to everyone else. To me, it was a slave ship taking me back to America in chains. Outwardly, I was everything a well brought up girl should be. Inside, I was screaming.”
“Era la nave dei sogni per chiunque altro. Per me, era una nave di schiavitù, che mi riportava in America in catene. Da fuori, sembravo proprio come dovrebbe essere una ragazza ben educata. Dentro di me, avevo voglia di gridare.”
La disperazione di Rose raggiunge il suo massimo quando scavalca la balaustra e cerca, invano, il coraggio di saltare nelle fredde acque sotto al Titanic. È in questo momento, che testimonia la totale mancanza in Rose di apprezzamento verso la sua vita, che conosce Jack. Insieme a Jack, la ragazza impassibile anche di fronte all’enormità del Titanic, torna a ridere, a divertirsi, a ballare e, persino, a innamorarsi. L’apice di questa rinnovata voglia di vita si consuma su un’automobile parcheggiata in stiva e in questo momento sembra che niente possa ostacolare la felicità dei due innamorati. Non a caso il famoso scontro con l’iceberg avviene nella scena immediatamente successiva. Tutto cambia. La tragedia si sostituisce alla spensieratezza, ma Jack riesce a tenere Rose lontana dai pericoli fino a quando il Titanic affonda.
Non starò a riassumere tutte le peripezie di questa lunga sequenza d’azione del film. L’importante è questo: nel finale, quando finalmente una scialuppa raggiunge i pochi passeggeri che ancora galleggiano nell’acqua gelida, Rose tenta di svegliare Jack, ma capisce che è impossibile. A questo punto chiude gli occhi e torna ad appoggiare il capo sulla porta. È un atto di resa, e non si può biasimarla: ha appena perso la persona che le aveva dato speranza. Per alcuni lunghi secondi torna la ragazza che voleva buttarsi dalla balaustra del Titanic, solo che ora in acqua c’è già, e la scelta di lasciarsi affondare insieme a Jack è così semplice… ma Jack le ha mostrato che può essere felice e che esiste ben altro al mondo oltre a quello che conosceva prima. Così, con la stessa disperazione con cui aveva cercato di buttarsi dalla balaustra, Rose lotta per salvarsi. Un cambiamento immenso ed eroico, nel vero senso della parola, perché un eroe o un’eroina, come in questo caso, è quel personaggio che riesce nel corso della storia a superare il limite che la bloccava per raggiungere il lieto fine.
È chiaro che questo è il viaggio interiore di Rose Dewitt Bukater, come è chiaro che in questo viaggio Jack è imprescindibile. Viene da chiedersi, visto che Jack a questo punto non può essere il protagonista, come si possa definire il suo ruolo. Credo che la sua figura rientri nell’archetipo del mentore. È un’etichetta che sembra strana, perché siamo abituati a mentori dotati di lunghe e sagge barbe, Silente e Gandalf su tutti. Quella, però, non è che una forma che i mentori di diverse storie prendono. La sostanza di questo archetipo è quello di aprire gli occhi al protagonista, mostrando quello che ancora non riesce a vedere. Jack Dawson per Rose Dewitt Bukater l’ha fatto certamente.